La Sindrome Chilomicronemica Familiare è una malattia genetica rara del metabolismo lipidico causata da mutazioni nei geni che controllano la sintesi di quegli enzimi e proteine che sono fondamentali per la degradazione dei trigliceridi che circolano nel sangue. I pazienti che ne sono affetti presentano, spesso fin dall’infanzia, valori elevatissimi di trigliceridemia, nell’ordine dei 2000-5000 mg/dl, cioè da 10 a 30 volte maggiore dei livelli considerati accettabili. A causa della grave ipertrigliceridemia, i pazienti affetti da questa malattia oltre ad altre complicanze (quali ad esempio danni epatici, renali ed oculari) vanno incontro ad episodi ricorrenti di pancreatite acuta, che in qualche caso possono essere mortali.
Fino a pochissimi anni fa, questa malattia poteva essere considerata incurabile, in quanto i farmaci normalmente impiegati per la cura dell’ipertrigliceridemia sono molto poco efficaci nella Sindrome
Chilomicronemica Familiare, a causa del grave difetto genetico di cui questi pazienti sono portatori. Negli ultimi anni sono stati compiuti molti sforzi per metter a punto nuove terapie farmacologiche. molte di esse si basano sulla tecnologia dei farmaci a RNA con l’obiettivo di bloccare la sintesi di proteine che ostacolano la degradazione dei trigliceridi circolanti. Alcuni di questi farmaci, come il volanesorsen, sono arrivati alla prescrivibilità anche se il loro uso è condizionato da uno stretto monitoraggio dei pazienti trattati per la presenza di potenziali eventi avversi. Quello che ancora non era stato dimostrato che i farmaci appartenenti a questa categoria possono non solo abbassare la trigliceridemia ma anche ridurre il rischio di pancreatite nei pazienti affetti da Sindrome Chilomicronemica Familiare Il team di ricerca del Dipartimento che opera nell’ambito della Rete delle Malattie Rare dell’Ospedale Policlinico Umberto ha partecipato ad uno studio clinico internazionale i cui risultati sono stati pubblicati oggi 7 aprile sulla prestigiosa rivista scientifica New England Journal of Medicine. Questo studio ha avuto lo scopo di valutare l’efficacia nella cura dei pazienti affetti da Sindrome Chilomicronemica Familiare di un nuovo farmaco denominato olezarsen, che ha la capacità di inibire la traduzione dell’RNA messaggero per la proteina apoC3. E’ stato osservato che i pazienti che hanno ricevuto questo farmaco hanno mostrato una riduzione della trigliceridemia fino al 70% superiore rispetto ai pazienti che hanno ricevuto il placebo. Ma
ancora più importante è stata la dimostrazione che nell’arco di un anno nel gruppo di pazienti trattati con olezarsen per si è osservato 1 solo episodio di pancreatite acuta contro gli 11 che si sono verificati nel gruppo placebo. E’ da sottolineare anche il fatto che l’uso dell’olezarsen non si è associato ad nessuno di quegli effetti indesiderati (come la riduzione delle piastrine) che invece si associano all’uso del volanesorsen. Questi dati indicano che l’olezarsen può rappresentare un significativo progresso nella terapia dei pazienti con Sindrome Chilomicronemica Familiare. Vale inoltre la pena sottolineare che il team di ricercatori del Dipartimento che operano nella Rete delle Malattie Rare del Policlinico si collocano anche grazie a questa esperienza all’avanguardia nella terapia di questa difficile e pericolosa malattia genetica.
Fino a pochissimi anni fa, questa malattia poteva essere considerata incurabile, in quanto i farmaci normalmente impiegati per la cura dell’ipertrigliceridemia sono molto poco efficaci nella Sindrome
Chilomicronemica Familiare, a causa del grave difetto genetico di cui questi pazienti sono portatori. Negli ultimi anni sono stati compiuti molti sforzi per metter a punto nuove terapie farmacologiche. molte di esse si basano sulla tecnologia dei farmaci a RNA con l’obiettivo di bloccare la sintesi di proteine che ostacolano la degradazione dei trigliceridi circolanti. Alcuni di questi farmaci, come il volanesorsen, sono arrivati alla prescrivibilità anche se il loro uso è condizionato da uno stretto monitoraggio dei pazienti trattati per la presenza di potenziali eventi avversi. Quello che ancora non era stato dimostrato che i farmaci appartenenti a questa categoria possono non solo abbassare la trigliceridemia ma anche ridurre il rischio di pancreatite nei pazienti affetti da Sindrome Chilomicronemica Familiare Il team di ricerca del Dipartimento che opera nell’ambito della Rete delle Malattie Rare dell’Ospedale Policlinico Umberto ha partecipato ad uno studio clinico internazionale i cui risultati sono stati pubblicati oggi 7 aprile sulla prestigiosa rivista scientifica New England Journal of Medicine. Questo studio ha avuto lo scopo di valutare l’efficacia nella cura dei pazienti affetti da Sindrome Chilomicronemica Familiare di un nuovo farmaco denominato olezarsen, che ha la capacità di inibire la traduzione dell’RNA messaggero per la proteina apoC3. E’ stato osservato che i pazienti che hanno ricevuto questo farmaco hanno mostrato una riduzione della trigliceridemia fino al 70% superiore rispetto ai pazienti che hanno ricevuto il placebo. Ma
ancora più importante è stata la dimostrazione che nell’arco di un anno nel gruppo di pazienti trattati con olezarsen per si è osservato 1 solo episodio di pancreatite acuta contro gli 11 che si sono verificati nel gruppo placebo. E’ da sottolineare anche il fatto che l’uso dell’olezarsen non si è associato ad nessuno di quegli effetti indesiderati (come la riduzione delle piastrine) che invece si associano all’uso del volanesorsen. Questi dati indicano che l’olezarsen può rappresentare un significativo progresso nella terapia dei pazienti con Sindrome Chilomicronemica Familiare. Vale inoltre la pena sottolineare che il team di ricercatori del Dipartimento che operano nella Rete delle Malattie Rare del Policlinico si collocano anche grazie a questa esperienza all’avanguardia nella terapia di questa difficile e pericolosa malattia genetica.
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